Non si può prescindere da una delle più grandi lezioni di branding della storia: il Marketing Nestlè. Negli anni ’70 e ’80, Nestlè divenne il bersaglio di critiche e proteste a livello globale, al punto da entrare in ogni manuale di marketing come “il caso di cosa non fare”. Ma cosa accadde davvero?
La storia che non tutti raccontano
Nestlè era (ed è) un colosso. Ma negli anni ’70 decise di spingere in modo molto aggressivo il latte artificiale, anche in contesti dove le madri stavano già allattando al seno. Questo tipo di marketing Nestlè fu percepito non solo come scorretto, ma addirittura disumano, perché minava una pratica naturale e, soprattutto nei paesi più poveri, portava a rischi sanitari.
Le proteste esplosero, boicottaggi vennero organizzati in tutto il mondo, e il brand Nestlè cominciò lentamente a perdere la sua immagine di “famiglia felice”. La goccia che fece traboccare il vaso? Le accuse sull’utilizzo di manodopera minorile nella raccolta del cacao per prodotti famosissimi, primo tra tutti: Nesquik.
Il prezzo dell’errore: quando il marketing si paga in reputazione
Il marketing Nestlè ha pagato carissimo quelle scelte. E continua a pagarle, ancora oggi. Sebbene ora sul sito ufficiale si parli quasi esclusivamente di sostenibilità, attenzione al prodotto e rispetto per i diritti umani, la reputazione non si cancella con qualche pagina verde e sorridente.
L’insegnamento qui è chiaro: puoi avere un buon prodotto, una grande struttura e un budget infinito. Ma se la tua comunicazione va contro l’etica o tradisce la fiducia del pubblico, la crisi è solo questione di tempo.
Il video che racconta tutto questo in 60 secondi
Etica e brand: un binomio inseparabile
Ogni prodotto racconta una storia. E il consumatore moderno non compra solo “quello che fai”, ma “come lo fai”. Il problema non fu il latte artificiale in sé. Il problema fu come venne venduto. In modo subdolo, insinuando che fosse superiore al latte materno, con testimonial ambigui e con campagne nelle aree più povere dove l’informazione era più debole.
Questo approccio è il cuore della crisi nel marketing Nestlè. È una lezione su quanto sia fondamentale allineare il messaggio pubblicitario ai valori etici del brand.
Cosa possiamo imparare da tutto questo?
Qualsiasi azienda – grande o piccola – deve comprendere che costruire un brand non è solo questione di visibilità. Serve autorità, coerenza, trasparenza. E oggi, più che mai, le persone sono attente: leggono, si informano, incrociano le fonti. È finita l’era del consumatore passivo.
Un brand forte è come una promessa mantenuta. Il marketing Nestlè ci mostra cosa accade quando quella promessa viene infranta. E quanto sia lunga, faticosa e costosa la strada per ricostruire la fiducia.
Un consiglio per chi comunica oggi
Che tu gestisca una multinazionale o una piccola impresa, la tua comunicazione deve partire da una domanda: ciò che sto facendo è eticamente giusto? Perché nel lungo periodo, le scorciatoie si pagano care.
Ed è proprio per questo che serve partire da un’analisi profonda: dei valori del brand, del posizionamento che vuoi ottenere, della percezione che vuoi costruire. Solo dopo potrai pensare a strumenti, campagne e pubblicità.
Conclusione: una crisi, una rinascita?
Oggi Nestlè è ancora tra i leader del mercato. Ma la ferita della crisi del suo marketing non si è mai davvero chiusa. Anzi, è un monito continuo per chi vuole fare impresa in modo sano.
Se vuoi evitare errori di questo tipo e costruire una strategia di comunicazione realmente efficace, contattaci qui.
Il passato è una lezione. Ma solo se lo ascolti.